1)
Acrostico
Annoto – su questo quaderno di ritmi
Nuovi versi del labirinto di camere:
Giacimenti dentro i quali girerò
Emozionato come un imbecille.
Lavavo così – da bambino – la coscienza
Annusando le maglie di mia madre.
2)
Alba
a Maria
Dall’alba – mai più un trovatore:
re – senza lo strascico dei tuoi
capelli.
Un solo sms per dirmi che non
devo
confonderti – con le altre
margherite.
3)
Alessandrini in distici
al mio amore
Con occhi di brace fissava il vuoto;
l’aurea di luce veniva dal vuoto.
Sentiva i pensieri di tutto il mondo:
chiudeva gli occhi come soffrendo
quando la mia ansia come una marea
in un’elettricità sfiniva la linea.
Allora la sua aurea di color rosa
con raggi al quarzo si faceva rossa;
il capo reclinato come in preghiera
avvertiva il peso della mia sfera.
Ho voluto il suo sguardo puro più del cuore
paesaggio di viole per sempre amore.
Ali di anice come cappella
riversò su di me la vita bella:
pepite d’oro come l’orgasmo
dalle ali sottili nel mio organismo;
passione in vena e occhi di stella;
muscoli turgidi e pelle bella.
Alzai le braccia e dalle mia dita
schizzò la bramosia di tutta una vita.
4)
Ballata
Ho così amato la vita poetica.
Ho sentito in profondità – la
Cantica.
Di entusiasmi qua – ne trovo ben
pochi.
Se prendo il treno – vuol dire
che sono stanco.
Di entusiasmi si vive – anche se
pochi.
L’adrenalina è l’acqua – senza il
fango;
è una particella magnifica.
Ho così voluto una luce poetica.
Ho avvertito dentro di me – la
Cantica.
Come un banchetto di satiri neri
ho ascoltato le infamie e
l’invidia.
Combatto contro i cumuli neri:
gli invidiosi corrosi d’accidia;
però sostengo la grande
fatica.
Ho così pensato in veste poetica.
Ho parlato con voi – della
Cantica.
5)
Canzone
So di un luogo dove biancheggia –
l’aria.
Il sole ha smesso di ferire
come gemma – per non perire
ha baciato le creste bianche –
dell’aria.
Una volta – anche io per non
morire
ho preso la mia poesia
la metrica della poesia –
e come un flauto – ho deciso di
partire.
Da tempo – per partire
avevo detto no! al paese
e in riva al fiume del paese
avevo strappato gli abiti e la
vela
alla tempesta che attraversa – il
Segno.
Forte – l’impeto della vela!
Un giorno vidi un muso
un cervo con un grande muso –
pensai: - Il Segno atteso! –;
mi tramutai – in acqua – in un
pesce – offeso.
L’ossigeno mi giungeva più denso.
Ma che pensieri maestosi
tramonti meravigliosi
anche se emergevo da liquame
denso!
Non so per quanto tempo – avrò
nuotato
toccando con la pancia
il pelo della sabbia;
come la rabbia – restavo
travisato.
Se il pelo s’è abbassato
con le pinne e con la mano
trascinando sempre la mano
ho guadagnato la ribalta della
conca.
Ho visto dei marinai
gli scafi marci dei marinai;
i mulinelli di schiuma
degli scavi – al tramonto; rossa
la schiuma.
Di notte – il fondale diveniva –
freddo
un po’ malinconico;
un po’ nostalgico;
così – sospiravo nel mattino –
freddo.
Gli spazi erano più ampli di un
manico;
il liquido – sempre – più freddo
e nel buio – più – del freddo.
Poi – le prospettive si aprirono
– nel viatico
abisso malinconico;
in alto – un piatto verde:
il sole – il mio prato – verde
dietro alle ombre – di pesci – in
branco.
Nel mattino – del nuovo giorno
incerto e già stanco –
temevo quest’abisso
il mio scuro abisso
dal sapore salato:
la mia conchiglia – di fango –
incrostato.
6)
Capitolo
Così abbracciamo i vecchi ricordi
e gli eventi della quotidianità
e la poca razionalità
che resse le trame e i
ragionamenti.
La vita – con i titoli di coda –
struggenti
prolunga la tensione del nuovo
abito
l’abito del trapassato:
un velo sui suoi occhi –
increduli.
Occorre abituarsi ai moduli
della nuova visione
tridimensionale
non il cubo naturale
dell’esperienza dello stagno.
L’ascesa rende i cieli dei
vapori;
l’identità personale – si
dissolve;
si scuce – per sempre – in trame
– collettive.
7)
Cuaderna vìa
Ti aspetto così lampada sferica;
da questa collina con la mia metrica.
Ho puntato il cielo verso la Casa Bianca;
vi entrerò – poi – per via esoterica.
8)
Decima rima
Arabeschi – tessuti preziosi
pizzicati – dai fili dorati;
onde di trine e tulle – in orli
sinuosi
ciuffi scomposti – in aria –
spettinati;
arazzi in nebbie – di cirri
flessuosi
in festa il cielo – per i nuovi
arrivati;
tutto poi deve essere perfetto:
le coccarde e i centrini del
banchetto;
un’aria mite – come fosse
tramonto
per non disorientare – chi lascia
la vita.
9)
Discorso
a Jacopo da Lentini
Cielo d’affresco
già armonico
un traino bianco;
sfera statica
già magnifica
attrae – a sé – il mondo;
in ogni modo
fonde – a sé – il creato.
Lancia gli angeli
nei cuori dei soli
con pugni d’ali;
stanno sui tetti
così costretti
dalla – tua – miseria;
la voce seria
fonde – a sé – il creato.
Unica guida
questa tua strada
ama la preda;
è la sapienza
nell’essenza
rafforza i colori;
con dei valori
fonde – a sé – il creato.
10)
Distico elegiaco
Quando penso a te
Laica – credi:
tutto è come la corte
di maree – in piedi.
11)
Dodecasillabo
A volte ho visto quei figli
prediletti
sostare – in cirri luminosi – sui
tetti;
parlare sommessamente della vita
con garbo – indicare il sole –
sbiadito
e attendere dalla sfera – un
risvolto:
per tutto il mondo – poi – per
tutta la mia vita.
12)
Epigramma
Mio padre è nel pigiama
d’ospedale;
in sogno – è come ero io – da
ragazzo:
un libro d’architettura sullo
scaffale
pieno di progetti – frutto di un
pazzo.
13)
Epitalamio
Sarai la prima a sposarti
Laura – almeno – dici…
a settembre – le tue narici
aspireranno i gigli
i fiori per rincuorarti
e che noi ti lanceremo;
poi ti benediremo:
auguri e mille figli!
Sarai la perfetta sposa
Laura; poi Antonio
il nuovo eroe – io lo conio:
pazienza e discoteca!
Ma tu – il viso di una rosa;
sii sempre felice –
sii sempre felice –
sii sempre – discoteca!
14)
Haiku
Cade la neve…
un cervo alza la testa:
buh – sulla neve!
15)
Idillio
La mia vecchia collina
sulla quale ti porto
per fare l’amore
come le tue pecore
tintinna piegata
accogli la pepita
della mia collina.
16)
Lauda
Dispiega le ali rosse
e non cadrò nelle fosse.
Dalla tua sfera di luce
è avvinta la mia pace
e i miei occhi nei tuoi – di
brace
le lune maestose!
17)
Lassa
Quando prenderai questo libro
Nila – giudicherai le catene
che tintinneranno – in cadenza
sotto il palato – nella lettura.
Proverai a lasciare – il libro
per non sentire più le catene;
cercherai le altre cadenze:
la realtà – la verità – e via – la lettura.
18)
Letrilla
Sbriciolare la parola:
come i petali di viola –
per nutrire di profumo –
il corpo come un ramo –
già – in inverno – sotto la neve.
L’amore nel prossimo
è lo stagno che animo
con balzi di libellula;
è la danza – poi – sempre – bella
del sorriso – che si riceve.
19)
Madrigale
Aveva il viso di una partoriente;
gli occhi come i laghi di
Plitvice.
Era stato spinto dalla mia mente
a lasciare le nuvole – color
anice.
Mi fissava con la stessa
reverenza
del primo incontro – a Monselice
da bambino: un bacio alla sua
partenza:
Cherubino – Angelo di pazienza!
20)
Mottetto
Diffido – quando professi –
rigore!
La diversità – è la cavalla –
selvaggia
dei tuoi costumi – e già!
Non deve – mai – saltare questo
fosso:
temi – racconti – i peccati – del
tuo osso.
21)
Motto confetto
Chi parla tanto
del proprio peccato
con l’occhio affamato
chiedendo perdono
crede sia intensa
la propria – intensa – esistenza
– illusa;
c’è chi fa – senza perdono.
22)
Nona rima
Si parte da un punto –
ascensionale.
D’istinto apro le braccia – tendo
il collo;
l’affresco è molto in su – sopra
le scale:
i cherubini sostengono – il
cumulo.
Le figure – bianche – sono la
visuale;
che dolce felicità – lungo il
collo…
abbandono i pensieri – in ascesa
in orizzontale – si pone – poi –
questa Casa:
gli astri – nel pensiero – sono
– tutto – un cumulo.
23)
Novenario
La solitudine è questa:
mia paura di non piacere
quanto a un cherubino – il cielo.
24)
Octavilla
Ha avuto inizio qui:
sul balcone mi parlasti;
una sottile aurea
per non sopire il mattino.
Mi hai parlato proprio qui:
sul balcone mi dichiarasti
un’unione aurea
fin quando sarà mattino.
25)
Ode
A te affido il passaggio
dal letto – alla porta tienimi –
così
per mano – un pomeriggio;
difendimi – così
da chi – si spaccerà per amico
caro – sì …
Aspetto l’occasione
di parlarti da adulto – come
s’usa
quando il nostro Padrone
taglia la vita insulsa
da rimpiazzare – nel giro – come
s’usa.
Tu – però – devi amarmi
com’è giusto – fa il papà;
devi – proprio – amarmi;
come me – sei stato – tu – papà
indifeso; dentro trapasso – come
te – papà.
26)
Ottava
La luce si sovrappone – in molti
fasci
per diventare bianca – si travisa
e mostra di volta in volta –
questi fasci;
come l’anima – preserva – la
diversa
angolazione di pulsioni – che
lasci
quando l’inadeguatezza – si
travisa:
paura di corrispondere – alla
voce
collettiva - che ti vuole – come
la luce.
27)
Polimetro
Passano attraverso
le molecole rigide
ne sono il legame esoterico.
Leggono sul mio viso
l’espressione che li deride:
credo poco nel legame esoterico.
Ma l’angelo è sferico
conosce il moto grave
dei pianeti - i mutamenti
di danza dei satelliti
la prospettiva monotona ma lieve
della mia conca nera:
i pugni stretti della coscienza
nera.
28)
Prosa ritmica
Parte
lo sguardo davanti, alla stradina che percorro da ore, bagnata dalla pioggia
della notte trascorsa; foglie marroni come la sabbia di Siena, io alzo gli
occhi usando un tronco verde come guida: l’edera che si ripete all’infinito,
mentre la vegetazione fosforescente in prospettiva sempre più piccola sulla
collina, fino a quando non si distinguono che punti cromatici ben abbinati di
foglie e di bosco che fermentano il cielo di rosso e di giallo, per sempre,
nella mia memoria.
29)
Quarta rima
L’anima è un’astronave tra le
stelle;
cerca in esse un po’ di
consolazione:
un consiglio per scegliere: quale
di quelle
era presente prima della ragione?
Da qui – l’antigravità
disorienta;
punti evanescenti e in
dissolvenza:
le stelle: luce – lungo la linea
retta
invito di vita o coda già
passata?
30)
Rondeau
Alzo gli occhi al cielo
per vedere i cirri.
E’ il mio modo più bello:
alzo gli occhi al cielo
per avvertire il velo
della Luce – celata dai cirri.
La verità è un velo.
Alzo gli occhi al cielo
ti dico – e spero che il velo
un giorno – sparisca tra i
cirri.
31)
Seguidilla
Ho bisogno di vedere
dove conduce
il vento dei cherubini:
ali di luce.
32)
Selva
Che luce brillante che tutto
definisce;
l’orizzonte è la cintura
che mi chiude in mezzo:
sto volando.
33)
Sequenza
Quando s’arriva alla colonna
sonora
e gli affetti si alzano ad
unisono;
le poltrone del cinema ora si
svuotano
ancora – per qualche minuto – nei
commenti;
le voci – sempre di più – echi
vuoti
l’aria si fa bruna nei contorni
vacui;
più i sentimenti e gli amori
vacui
in dissolvenza – come l’alba – il
trapasso;
nel cono di luce – entro cui ci
sarà il travaso
sarà una camera – e appena
un’occhiata.
34)
Serventese
I volti fissano tra i pannelli
bianchi
come in un separé – ci si
nasconde da chi
non sia colmo dei medesimi raggi
bianchi.
La verità è un’estasi;
ma chi è in grado di capire –
chi;
lo sa solo l’estasi.
Qui – mi devo scontrare con i
medesimi pesi:
le illazioni dei – poveri –
invidiosi;
mai una elevazione – d’estasi.
Invece – vedo il cielo
immutabile tra i cirri – fumosi
da far rizzare il pelo.
35)
Sestina
al mio angelo custode, Gabriele
L’antigravità lo rendeva bambino
come la carne bianca senza gli
ormoni
respirava solamente con l’azoto;
chino sulla mia testa – lui –
Perlaceo
mi parlava della conca del cosmo
e delle stelle – come della mia
vita.
Conosceva le interconnessioni e
la vita
con la lungimiranza dei moti del
cosmo;
in me cresceva l’amore per il
Perlaceo
e rifiutando i moti degli ormoni
diventavo poi il suo caro
bambino:
un canovaccio – di quella sfera
d’azoto.
Salimmo – qui – sulle volte
d’azoto
dove sembrò il cielo tutto il mio
cosmo;
paragonai le comete a ormoni
i moti degli astri a capricci da
bambino
che conosce solo una linea di
vita
e non si affida ai segreti di
Perlaceo.
Però – io mi affidavo al mio
Perlaceo!
Rapito – come è di solito un
bambino;
mi affidavo ai consigli d’azoto:
i ragionamenti sulla nuova vita;
la visione interiore del mio
cosmo;
la guida per gestire i miei
ormoni.
E – in effetti – salivo come gli
ormoni;
giù – avevo una visuale di vita
completamente sbrogliata – da
Perlaceo;
e già la visione eccitava il
bambino
che vedeva le particelle d’azoto
che compongono tutti i corpi del
mio cosmo.
E vidi i gas primordiali del mio
cosmo;
le fughe di luce nei buchi della
vita;
l’angoscia come alito d’azoto;
e le volte che aveva cantato –
Perlaceo
per me – affinché tornassero gli
ormoni
e fossi di nuovo il suo caro
bambino.
Mi chiese di non dimenticare che
il cosmo
è l’insieme dei pensieri – di
Perlaceo;
la linea che lega – a Sé – la
nostra vita.
36)
Sonettessa
Non puoi sempre restare
nell’empireo;
confonderti tra i melensi cirri;
mostrare l’occhio dell’empireo
quando ti fa comodo o quando ti
giri.
La gente è stufa di tutti i
vecchi libri:
storie di catastrofi ambientali;
poi le contraddizioni tra i
diversi libri
per confondere ulteriormente i
mali.
Sinceramente – mi sento un
cretino;
raggirato come fossi un bambino
a cui raccontano storie sempre
diverse.
Sii qualche volta un po’ più
carino;
c’è chi per sentirti – beve vino
sperando di entrare nelle tue
Case.
Abbiamo tanti mali;
stacci – cielo d’orizzonte –
vicino:
un pensiero – che sia per noi –
sereno.
37)
Sonetto
ad Antonio Fogazzaro
Il mio futuro dietro un
paravento.
Ombre come gli affreschi
giapponesi
spio tra gli interstizi
sorridendo.
All’improvviso avverto dei pesi:
è il mare – che và
controcorrente?
Intravedo schiuma di onde lividi?
Sostengo l’attesa con la mia
mente
quando vedo tra gli interstizi i
lidi.
Passa ora anche tra i buchi il
vento;
appoggio le guance e spingo
percuotendo:
voglio sentire abbracciare il
mare
finché cade in giù il paravento
schiantandosi nel tonfo del
sospetto:
che non ci sia realmente quel
mare.
38)
Stornello
Vedo le tue ali:
un velo di trine azzurre in
dissolvenza
sugli occhi; mi difendi dalla
luce - lì…
39)
Strambotto
(strofa siciliana)
Ringrazio sentitamente per
l’abbraccio.
Quando ho avuto bisogno – lo so
hai attraversato questa camera –
e ciò
ha guarito il malinconico – rosso
umore di non avere uno – slancio
dal mondo – che sa essere – così
– grasso.
Ho bisogno di un forte abbraccio;
e di un rombo di luce – azzurro –
se posso.
(strofa toscana)
Non vedi quando nervosismo
respiro;
aliti – sugli autobus e per
strada;
tutti che corrono senza respiro;
a mangiare cibo – sporco – per
strada;
a correre in palestra – tutti in
coro;
a parlare della guerra e della
moda
come fossero – proprio – la
stessa cosa:
immagini da fissare – in ogni
casa.
40)
Tanka
Duttile sole
si adeguò ai cirri
evanescente
gocciolò poi – tra i pini.
Ma la montagna non gradì.
41)
Terzina dantesca
L’anima evapora nella fragranza
un’area ellittica di cobalto
aleggia per poche ore nella
stanza.
La visione del mondo avviene in
alto
un naso che fiuta tutti i
sentimenti
rosso – nell’avorio spento.
Con l’ascesa – si estinguono gli
affetti;
la vita – un fiume stinto dalla
siccità.
L’eternità – coperchio su tutti i
tetti.
42)
Veneziana
Pesa le parole dette
e vedrai quante cattiverie
disseminate come coriandoli.
Enumera le proteste
che tutte le tue cattiverie
avranno prodotto – più – tutti i
mali.
Perché – tante proteste
e – poi – tante cattiverie;
potevi essere il guaritore dei
mali.
43)
Verso sciolto
Valicare il muro
soprattutto se oltre si sentono
suoni tintinnanti; le aspirazioni
come un paesaggio visto dalla
finestrella del bagno – una volta
da bambino.
Architravi di cherubini
gli uni sugli altri – si
dipanarono
fino alle architetture
rinascimentali
come la matematica dei semplici;
un boato improvviso dal cielo.
Così mi lasciai condurre da quei
cori
e la prospettiva salì come una
scala a chiocciola
mentre avvertivo un moto
ascensionale
e vertigini di cobalto.
Allora il boato divenne la
vastità della mia
visione; gli ultimi cornicioni di
muscoli
in tensione; come siluri
passavano le particelle
di luce; l’orizzonte diveniva una
cintura
che si chiudeva.
Sospeso – nell’immutabile nulla
dell’antigravità
per un po’ – sarò sembrato una
rana nel fotogramma
del salto – a zampe divaricate –
nel mistero
che sarà per sempre – questo mio
creato.
44)
Villanella
Tante volte ho sentito le storie
di malati che alla fine delle –
scorie
vedevano i parenti già defunti
seduti al capezzale dei letti;
o nell’inquadratura di una porta
aspettare il malato passare la
porta
per entrare nel mio grande
mistero
e deridere – poi – chi teme il –
mistero.
Credo che i malati raccontino le
storie
perché i finali sono anche retti
dal bisogno di lasciare i malati
stessi – nelle mani di chi sarà
oltre la porta
e abbraccia anche per noi – quel
mistero
su cui specula – ogni – Libro –
del – Mistero!
45)
Zejel
Quando sarà il tempo
della partenza – per un po’
sarà – intimo – il tempo;
dovrà la quotidianità
cedere alla – realtà
dell’irrazionalità.
Arriverà il parente
che in modo sfuggente
ti dovrà far presente
che la quotidianità
non è – poi – la sola – realtà:
ma c’è – l’irrazionalità.
46)
Zingaresca
Si racconta di un tunnel
dove la vita si dispiega
come il ventaglio – di una saga:
sulle pareti – gli schermi:
le immagini – per raccontarmi
le azioni e – le reazioni
sotto gli sguardi sereni
solo – apparentemente:
una parola – nella mente
può produrre – dei segni
che – i più alti – dei pegni
mai – rimargineranno.
47)
Gianky
Sai
– ho contato le rime con le dita!
Ora
ti lascio andare:
con
l’ultima.
Qua
– sono stato
nel
mio passato:
dentro
ritmi di vita.
Cadenzo
– ormai – anche queste foglie;
anche
con le dita – picchietto le foglie;
la
poesia è la rabbia – leccata dal mare
che
sa fingere paesaggi – con la lima.
Lascio
la lima;
e
riprendo a passeggiare:
dovrò
pur far riposare le dita!